THE UNIVERSITY OF ILLINOIS library
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DELLA
E. ACCADEMIA DEI LINCEI
ANNO GGLXXVIII
1880-81
MEMORIE
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della classe di scienze morali, storiche e filologiche
VOLUME VI.
ROMA
COI TIPI DEL SALVIUCCI
1881
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University of Illinois Urbana-Champaign Alternates
https://archive.org/details/nnemoriedellaclas6188cava
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Notizie degii scavi di antichità comunicate dal Socio G. FIORELLI al Presidente
nel mese di agosto 1880.
(Con lina tavola)
LUGLIO
I. Bellinzago Lombardo — L’ispettore degli scavi, prof. Pompeo Castel- franco, annunziò che in un fondo appartenente alla Congregazione di carità, eseguendosi lavori agricoli, si rinvenne un’ urna di terracotta contenente circa 500 monete romane. Si riferiscono presso a poco alla stessa epoca di quelle, quasi nella identica località trovate nel 1877 (v. Notizie, ser. 3% voi. 1. p. 374); e sono di bronzo di modulo medio, discretamente conservate, appartenenti a Massimiano, Costanzo e Diocleziano, con poca varietà nei rovesci.
II. Gorla Primo — Dal predetto sig. ispettore venne annunziata pure la sco- perta di tre antiche tombe romane nel territorio di Gorla Primo, nel terreno della sig. vedova Cottiui, presso la strada comunale che da Gorla mette a Turro Mila- nese. Una di queste tombe conteneva una monetina di Costantino. Esse andarono distrutte, ad eccezione della terza, della quale il prof. Castelfranco potè rilevare le dimensioni.
Era di belle lastre di pietra, con fondo di larghi quadroni di cotto, perfet- tamente orientata da levante a ponente, e misurava met. 1,88 di lunghezza. A giudizio del nominato ispettore, sembra che trattisi di tombe ad inumazione posteriori al quarto secolo.
III. Legnago — Il solerte cav. G. de Stefani mandò questa notizia.
«Nella frazione di s. Pietro-extra del comune di Legnago, ai primi di aprile p. p., alcuni contadini trovarono in un fondo posseduto dalla famiglia Orlandi, ad un metro circa di profondità, i seguenti oggetti:
« 1. Pezzo d’armatura di ferro molto ossidato, creduto da prima un riparo d’omero (humeralia), poi in causa delle grosse borchie e lunghi chiodi alle ali, ritenuto un limbo {omphalos) di uno scudo ovale. 2. Punta di lancia a bossolo in ferro, lunga 20. cent. 3. Tre coltelli in ferro. 4. Amuleto o pendaglio di argento, triangolare dentellato con tre cerchielli incavati. 5. Quattro vasetti di terra rossa greggia, alti met. 0,05, in forma di bombylios, contenenti ceneri e terra. G. Grosso anello di pasta vetrosa nera, venato in bianco e giallo, del diametro di cent. 4, simile ad altro scoperto in questi giorni in tombe di Povegliano, delle prime età del ferro (come si crede). 7. Tre monete di bronzo, cioè un medio bronzo di Nerone (Cohen I. p. 200 n. 206), altro di Traiano (ib. II. p. 81 n. 516), altro bronzo finalmente di Settimio
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Severo, assai consumato. Dicono ci fossero anche iiochi frammenti di ossa umane. Nell’intorno nessun’ altra tomba».
IV. Gazzo- Veronese — Debbo allo stesso sig. ispettore il seguente rapporto.
« Dal deposito di Coazze, nell’estremo lembo della provincia di Verona, distretto
di Sanguiuetto comune di Gazzo, deposito scoperto dall’amico don Francesco Masè arciprete di Castel d’Ario intorno al 1870, visitato nel 1874 dal compianto collega cav. P. P. Martinati, e da lui accuratamente descritto nella sua Storia della Paleoetno- logia Veronese, Verona 1876 (pag. 21), mi pervennero recentemente questi oggetti:
« 1 . Il collo, la punta del fondo, ed un pezzo di labbro con base di larga ansa, di tre olle, di forma e pasta terrosa diverse. 2. Tre cilindri a capocchia di terra cotta imperforati, dei quali uno a capocchie piane; altro con ima capocchia piana ed una convessa; l’ultima con entrambe le capocchie convesse, sopra una delle quali è segnata rozzamente una semplice croce. 3. Tre fusaiuole di terra nera, due a cono senza ornamenti; l’altra a cono tronco con quattro solcature all’iugiro. 4. Lisciatoio 0 pialla di terracotta, spezzato a mezzo, ed avente la forma della parte anteriore di una scarpa, o d’ un ferro da stirare , usato probabilmente dai figuli per spianare e levigare le stoviglie prima di cuocerle. Questo esemplare ha nella parte superiore una larga base di un manico, mentre altri scoperti a Kivoli mancano di esso. 5. Parte di un truogolo, o piccolo mortaio di forma rotonda, di calcare compatto nummolitico, spettante al più antico terreno dell’ eoceno. G. Grossa perla di forma rotonda schiac- ciata, di quarzo del genere diaspro rosso, con sei linee incise all’ingiro e forata nel mezzo. 7. Corona base e palco di corno di grosso cervo, segato con varie altre in- taccature. Altra punta di palco di corno di cervo segato. Grande zanna di cignale, e dente molare di cavallo.
« Questi oggetti sono destinati al Museo civico di Verona ».
V. Povegliano- Veronese — L’ispettore conte C. Cipolla così descrisse due nuovi sepolcreti, scoperti presso Povegliano-Veronese.
« Nella passata primavera, nel terreno del comune di Povegliano (distretto di Villafranca), si rinvennero due antichi sepolcreti, a breve distanza da quelli illustrati nella bellissima monografia del prof. Gaetano Pellegrini (‘). Eiproducendo la carta topografica di quei siti, lascio indicate le posizioni dei sepolcreti del Pellegrini colle lettere da lui appostevi, ed indico con E ed F i luoghi delle nuove tombe (tav.I. fig. 10).
« Ifichiaro anzitutto, che i nuovi sepolcreti sono di gran lunga meno importanti dei già noti. Posteriori d’età, offrirono oggetti in minor numero e di minor varietà. Ad ogni modo credetti tenerne calcolo, poiché se anche in se stessi hanno un valore non troppo alto, acquistano interesse per la loro posizione, e pel legame che li unisce ai sepolcreti del Pellegrini.
« Comincio anzitutto dal sepolcreto E, che sta nel luogo detto Campi magri della Dora. Il sig. Gaetano Perbellini detto Morettino, scavatore di ghiaia, e che per motivi d’interesse si occupa di tali cose, fin da quando il Pellegrini fece i citati suoi dotti studi, estraendo appunto della ghiaia sotto il terreno coltivabile, praticò
(') Di un sepolcrdo preromano scoperto a Povegliano. Verona 1S78 (estr. dal voi. LVI. dell'Accad. d’agrif. arti e commercio).
ima larga fossa per la lunghezza di circa met. 90, nella direzione di nord a sud-, e trovò una trentina di scheletri, coi piedi verso sud, disposti in due file, così che Timo aveva i piedi nella linea stessa in cui l’altro aveva la testa. Anche il Pelle- grini aveva descritto i cadaveri dei suoi sepolcreti, come disposti nello strato di ghiaia, ricoperto da un potente strato di terreno coltivabile. Cotesti strati o banchi ghiaiosi, devono avere sempre emerso dalle paludi, che un tempo coprivano larghe zone di quel territorio. Il Pellegrini ha studiato la natura geologica del terreno, e mi rimetto alle sue osservazioni (op. cit. p. 7-12).
«Fui avvertito degli scavi ^ di quest’anno dall’egregio mio amico il ragion. Giacomo Apostoli, amantissimo di questi studi, e che anni sono facilitò le ricerche del Pellegrini. Mi recai sul sito, ma lo scavo era già finito, sicché non potei assi- stere alla scoperta di nessuno scheletro. Presi meco tuttavia gli oggetti raccolti dallo scavatore Perbellini, che furono acquistati dal Museo di Verona. Non vidi Tossa de’ morti, le quali naturalmente erano in uno stato di avanzatissima decomposizione, fino dall’istante dello scoprimento. Lo stesso avvenne al prof. Pellegrini pei suoi sepolcreti (p. 19). In altra delle mie gite a Povegliano, raccolsi una certa quantità di una singolare terra nerastra, che si trovò sempre attorno ai cadaveri, e talvolta anche vicino alle urne di cui diremo. Questa terra venne esaminata dal eh. prof. Camillo Negri dottore in chimica, ed egli trovò che vi predominano le materie azotate. Non è dubbio quindi, ch’essa è il risultato della putrefazione dei corpi, o semplicemente inumati, o solo imperfettamente cremati. Anche il Pellegrini, descri- vendo le tombe trovate presso il sepolcreto di cui ci occupiamo, trovò prove di inumazione. Egli peraltro raccolse anche un vaso, con entro dei resti umani abbru- ciati (op. cit. p. 18).
« I cadaveri vennero trovati a profondità variante, da mezzo metro ad un metro od anche più. Lo stesso aveva riscontrato per le sue tombe il Pellegrini, il quale spiegò il fatto (p. 18), facendolo dipendere dalla mutata superficie dello strato coltivabile.
Oggetti fittili. « 1. Due orciuoli non ausati. Timo dell’altezza di met. 0,069, e l’altro di met. 0,061. Massimo diam. del ventre del primo met. 0,076, e del secondo met. 0,064. Diametro della bocca met. 0,02. Il collo è formato dalla semplice ri- piegatura del labbro. La terra è rossastra e greggia. Erano ripieni di terra semplice, ma probabilmente (come mi faceva osservare il prof. Pellegrini) sì in questi che negli altri vasi del sepolcreto, la terra sostituì le ceneri e gli avanzi d’ossa bruciate, in causa dei fatti geologici determinati dalle alluvioni. 2. Vaso od umetta di forma ovoidale con ventre pochissimo pronunciato, senza collo, labbro leggermente ripiegato, piccolo piede. Lo rappresento nella tav. I. fig. 11. Altezza met. 0,118. Diam. della bocca met. 0,07, e diam. mass, del ventre met. 0,092. Il lavoro è abbastanza ordi- nario, e la terra rossastra e greggia come sopra. Eassomiglia assai ad un vasetto rinvenuto dal eh. prof. Castelfranco, nelle tombe gallo-romane al Soldo presso Alzate in Brianza (Bull, di Paleoetnol. ital. anno V. n. 1, 2, p. 6 sgg.), e da lui pubbli- cato nella tav. I. fig. 10. È notevolissima la spiccata rassomiglianza, che esiste fra le stoviglie del nostro sepolcreto di Povegliano e quelle del Soldo. 3. Due vasi od urnette, con ventre più pronunciato. Ambedue sono alti 13 cent., ed hanno come mass. diam. del ventre 12 cent.; ma in uno il rigonfiamento è a Vì» ®
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nell’ altro a V3 dell’ altezza. 4. Vaso od urna con piede e collo corto, e con ven- tre a V;ì deir altezza pronunciatissimo, così da dar quasi al vaso una forma un po’ discoidale : lo rappresento nella tav. I. fig. 13. Terra come sopra. Altezza met. 0,17, diam. mass, del ventre met. 0,26, bocca diam. met. 0,018. 5. Due piatti di forme simili fra loro, ma di differenti dimensioni. Ambedue hanno piccolo piede, e labbro rientrante, e molto si avvicinano a quelli descritti dal Castelfranco, c da lui rappresentati alle fig. 3, 5, 6 della tav. I. della citata sua dotta Memoria. Altezza del maggiore met. 0,068, diam. della bocca met. 0,165, diam. della base met. 0,06, altezza del minore met. 0,055, diam. della bocca met. 0,13, diam. della base met. 0,055. In quest’ultimo è alquanto pronunciato il ripiegamento dell’orlo verso il di dentro; la terra è come negli altri. Un piatto di forma e lavoro simile (altezza 6 cent., diam. della bocca met. 0,15, diam. della base 0,045), volle conservarlo per memoria il ricordato Per))ellini. 6. Piatto 0 coi)pa di forme assai più eleganti dei piatti descritti. La terra è più finamente lavorata, ed il piede poco elevato. Ne dò un disegno nella tav. I. fig. 12. Internamente ed esternamente porta traccio di colo- razione in bruno, senza vernice. S’assomiglia a quello edito dal Castelfranco (tav. I. fig. 8). Altezza met. 0,058; diam. della bocca met. 0,14; diam. della base met. 0,52. Nessun ornamento.
Oggetti in bronzo. « 1. Vaso di forma ovoidale, con collo corto e labbro ripie- gato (tav. I. fig. 9). Sotto del collo si distinguono quattro striature parallele, di- sposte a due a due. Sotto il fondo si ripete l’ornamento del collo, con quattro cerchi concentrici disposti nell’ indicata maniera. Altezza met. 0,103; larghezza della bocca met. 0,07; diam. del mass, rigonfiamento del ventre met. 0,1. 2. Labbro (altezza mass. 0,05) corroso di una patina circolare, di cui andò perduto il fondo, tranne forse due pezzetti di lamina. Ha l’orlo leggermente rilevato verso l’esterno. Diam. della bocca met. 0,19. Notevole è la forma dell’ ansa (tav. I. fig. 8), piatta con orlo rilevato, lunga met. 0,15, che finisce in un rombo alquanto schiacciato, e colla punta assai prolungata, e leggermente ripiegata alla estremità. Larghezza dell’ansa alla sua origine met. 0,048. 3. Piccolo e sformato frammento d’orlo di vaso, il quale sembra dovesse essere di rilevante diametro.
Oggetti in ferro. « 1. Lancia a bossolo, molto ossidata. Diam. del bossolo, com- preso lo spessore, met. 0,025. Larghezza massima della lancia met. 0,05 circa; lun- ghezza del bossolo met. 0,098; lungh. totale met. 0,388. 2. Altra lancia simile alla precedente, ma ancor più consunta dall’ossidazione. Il bossolo è frammentato, lungh. met. 0,21. 3. Coltello di ferro che, col codolo, misura met. 0,24. Ha la forma dei nostri coltelli, ma la presenza di una borchia prima della base, ci richiama alla forma dijaltro coltello di cui ci occuperemo in appresso. Le borchie sono tre a ribatti- ture, e dalla loro lunghezza si desume, che il manico doveva complessivamente avere lo spessore di 2 cent. Massima larghezza met. 0,05. Eappresento il codolo nella tav. 1. fig. 5. 4. Frammenti d’ una lamina e d’un manico di coltello. 5. Spadone di ferro a due tagli, colla costa longitudinale nel mezzo della lama. È spezzato in tre pezzi, ed è assai ossidato. Il codolo, per entrare nella immanicatura, misura met. 0,072. Lungh. totale met. 0,94. Finisce in punta molto acuminata. La lama presso il codolo è larga met. 0,063. Sembra mancante di ornamenti. 6. Frammento
d’altro spadone simile al precedente, colla punta a triangolo equilatero. Lungh. compì, met. 0,21, massima larg. 0,06. 7. Braccio di bilancia assai ossidato, lungo met. 0,383. Il semicerchio al principio, molto corroso, è del diam. di circa 3 cent, forato verso il mezzo. 8. Manico di sitala, a semicerchio, della corda di circa met. 0,085. Alle due estremità si ha indizio di due fori, per ricevere due ganci o due borchie. Alquanto ossidato. 9. Due verghette di ferro ripiegate airestremità, e molto ossidate. In una andò anzi consunta una delle parti ripiegate. Lungh. mass. met. 0,19. Due frammenti d’altre due. 10. Frammento di lama di coltello (?).
Vetro. « Un anello dello spessore di circa 15 mill., diam. della luce met. 0,015. Colore celeste carico iridescente. Doveva servire per una collana.
Monete. « Tre monete di bronzo, Funa congiunta all’altra, vennero trovate sul petto d’ uno scheletro. L’ una fu dal Perbellini gettata sul fuoco. Le altre due, quantunque corros~e dall’ossidazione, vennero riconosciute dall’egregio mio amico dottor L. A. Milani, l’una per un asse e l’altra per un semisse del sistema onciale. La presenza di queste monete stabilisce l’epoca del sepolcreto, dacché il sistema onciale era in uso dal 217 all’ 89 av. Cr. Noto che anche nel più volte citato se- polcreto del Soldo di Brianza, il Castelfi*anco trovò un asse onciale, insieme ad una moneta d’argento ad imitazione delle massiliote.
« L’altro sepolcreto è situato in prossimità della frazione detta la Madonna di Via Secca, presso la corte detta Ortaglia, a circa duecento cinquanta metri dal se- polcreto D, illustrato dal eh. prof. Pellegrini.
« Nessuna costruzione divide il sepolcreto (che segno E) dal terreno circostante. Qui la fossa non è fatta nella ghiaia, ma nel terreno coltivabile. Fu infatti scoperto nel fare lo scavo per l’impianto d’un gelso, alla profondità di circa mezzo metro.
« Dal villano che praticò lo scavo, potei trar qualche notizia sulla disposizione dei principali oggetti. Nel centro lo spadone (di cui parleremo), nella direzione da ovest ad est; a siu. la lancia, a destra il braccio di bilancia, e più in là una situla di bronzo (?); più in là ancora quattro vasi ossuari; ed ivi presso sette od otto orciuoli. Quegli oggetti che potei avere, li raccolsi e li acquistai pel Museo di Verona, dove adesso si trovano unitamente a quelli precedentemente descritti.
Oggetti fittili. « 1. Due frammenti di un vaso ossuario, senza piede, alto più di met. 0,25. Il ventre non poteva avere un diam. mass, inferiore a cent. 20 circa. Il collo cortissimo, è formato dalla semplice ripiegatura del labbro. Unico ornamento sono due striature parallele, subito sotto il collo al cominciare del rigonfiamento del ventre. Il lavoro è rozzo, la terra greggia e scura. La parte inferiore, comprendente tutto il fondo e porzione del ventre, era ripiena di terra mescolata ad ossa umane, che furono esaminate dal prof. Negri, il quale trovò ch’esse contengono ancora del solfato di calce. Le ossa sono tutte in minuzzoli, tranne due pezzetti presi gen- tilmente in esame, dietro mia preghiera, dal più volte nominato eh. prof. Pellegrini: questi giudicò l’uno appartenere alla tibia sinistra, e l’altro essere la radice di un dente (‘). Ivi presso sul terreno si raccolse una capocchia d’osso umano, con segni
(') La tomba D del Pellegrini (pag. 14) consisteva in un vaso ossuario, coi resti della crema- zione, ed in alcune fibule di bronzo. Pertanto fin’ ora nei sepolcreti della Madonna di Via Secca, non si trovò il seppellimento per inumazione.
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evidenti di cremazione. 2. Fondo vuoto d’altro vaso simile, con piccola frazione del ventre ; due frammenti, uno con parte d’orlo. 3. Quattro orciuoli, non ansati, senza piede, a collo formato dalla ripiegatura del labbro. Due sono di terra rossastra, e due di terra grigia, lavorati coll’esattezza di quelli del sepolcreto della Bora. Il più piccolo è alto met. 0,085, i due più grandi circa un decimetro. La massima largh. del ventre nel più piccolo è di met. 0,055, e negli altri di circa met. 0,07. Nel più piccolo il rigonfiamento è a Qg dell’altezza, in uno degli altri a negli altri due, die sono quelli formati di terra rossastra, è a circa
Oggetti in bronzo. « 1. Piccolo gancio col codolo rotto, che forse formava parte della sitala cui appartenne. 2. Poche laminette sottili, sformate e corrose dall’ossi- dazione. In tre di esse si distinguono rilevanti porzioni dell’orlo. Questa sitala aveva senza dubbio una notevole dimensione, ma lo stato di contorcimento cui sono ridotti i frammenti dell’orlo, non lascia distinguere il diametro della sua bocca.
Oggetti in ferro. « 1. Cesoia a molla per tosare le pecore (tav. I. fig. 4), simile a quella pubblicata dal Castelfranco (tav. I. fig. 12). Nella nostra per altro le due lame non hanno quasi nessuna curvatura, nè all’esterno nè aH’interno. Anche la nostra è spezzata, come quella del Castelfranco, ma non sembra sia stata rotta appo- sitamente, come rito funebre, nell’atto del seppellimento. 2. Frammenti di due situle: tre anelli, ciascuno de’ quali nelle due sue code ha due borchie, per fermarlo al ventre; un manico a semicerchio che termina in due ganci, che entrano nei due anelli della situla. Dei frammenti di ventre ve n’è uno, con una piccola porzione del labbro ; sotto il labbro veggonsi due striature parallele a festone, fatte per ornamento. Da questo labbro, é dalla lunghezza della corda del semicerchio del manico si deduce, che la bocca della situla era del diam. di 15 cent. A giudicarne dall’anello, anche l’altra situla era di uguale grandezza. 3. Braccio di bilancia, della lunghezza di met. 0,482; il mezzo- cerchio, al principio, ha il diam. di met. 0,034, porta il buco verso il mezzo (tav. I. fig. 3). 4. Coltello di forma non dissimile da quello, trovato dal Castel- franco nel sepolcreto del Soldo, e da lui rappresentato nella sua tav. I. fig. 11. Soltanto nel nostro le borchie del codolo sono cinque, sono scorrevoli e ribadite, e dalla loro lunghezza apparisce, che la grossezza totale del manico, comprese cioè le due stecche d’ osso o di legno e il codolo di ferro, era circa di 2 in 2 ’/j cent. È notevole il risalto fatto dalla base della lama, che si allunga in forma triangolare, come opina il Castelfranco ; esso era destinato ad impedire, che la mano scivolasse dall’impugnatura. Rappresento il codolo nella tav. I. fig. 6. Al medesimo tipo vedemmo ridursi, con poca diversità, anche il coltello del sepolcreto della Bora ('). 5. Lungo e robusto spadone, con costa longitudinale nel mezzo della lama, a due tagli, lungh. met. 0,90, di cui met. 0,138 spettano al codolo. La lama è larga da met. 0,05 a met. 0,04, e termina in una punta a forma di triangolo-rettangolo. Do il disegno (tav. I. fig. 1) dell’ ornamento dell’impugnatura; quest’ornamento s’assomiglia ai più semplici tra quelli, che riscontrausi p. e. nelle spade di Marin sul lago di Neuenburg, illustrate dal dott. Ferd. Keller (■). Vi si avvicinano anche
(') Ha una forma simile, anche il coltello della necropoli gallica di Montorfano (Rivista archeol. domo 1879, t. III. f. 11). In esso peraltro le borchie non sono che due. — (*) Pfahlhaiiten, Sechster Bericht Ziirich 18C6, p. 2Gò-(l. tav. X. n. 7. Cf. tav. XI. u. 21 (in Mitili. J. antiquar. Gesell. in Ziirich XV. B, 7 li).
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le spade, che il Keller vide presso il sig. Oberst Schwab iu Biel (‘). Nel nostro spadone, in causa della ossidazione, rimase aderente alla lama la parte superiore del fodero, che disegnai nello schizzo. Vari altri frammenti del fodero si trovarono staccati : senza dubbio esso era tutto di ferro, componevasi di due lamine, una ri- piegata e ribadita suH’altra ne’ margini. Farmi notevole la presenza, nei sepolcreti di Povegliano, di questi grandi spadoni che mancano in quello del Soldo. 6. Fibula, non molto ossidata, a doppio vermiglione, con quindici spinali, lunga met. 0,073 (tav. I. fig. 2). Cotali fibule a doppio vermiglione, comunissime al di là delle Alpi, non sono rare nelFalta Italia. Il Kegazzoni C^) ne vide una in quel di Como; il Lioy ne trovò nelle palafitte di Fimon sul Vicentino (^). Una se ne rinvenne al Soldo (Castelfranco, tav. I. fig. 18). Mancano nel Bolognese C*). E recentissimamente molte di argento, di bronzo e di ferro, sono state descritte da Paolo Podestà, illustra- tore del sepolcreto di Penisola, eh’ egli giudica ligure (“). 7. Bellissima lancia a bossolo, abl)astanza finamente lavorata e non molto ossidata, colla costa mediana assai rilevata (tav. I. fig. 14). Lungh. compì. )iiet. 0,262, lungh. del bossolo met. 0,089, largh. massima met. 0,04. 8. Piccolo bacinetto circolare, di pochissima concavità, ^on manico piatto, che piegandosi due volte in angolo, termina a forma semicirco- lare alla sua estremità, e mediante una borchia è fermato con una specie di coperchio, che copre il manico v.1 il bacinetto. Lungh. compless. met. 0,11. Molta l’ossidazione. Rappresentai quest’oggetto nella fig. 7 della tav. L, preso dal diritto, dal rovescio e da lato. È forse una 'specie di gancio per tener ferma una cintura? 9. Due anel- lini della luce di met. 0,018. 10. Anellino della luce di met. 0,016, congiunto ad asta di ferro, che si ripiega aH’eslremità e termina in una borchia. Lungh. compless. cent. 2 Vi- 11- Piccola asta ripiegata all’estremità, lungh. 0,08; forse formava parte del manico di un vaso.
« Fui assicurato, che insieme a tali oggetti si rinvenne anche una moneta. Il villano mi disse, d’averla venduta ad un raccoglitore di Villafranca, da poco defunto. Mi recai dalla vedova, ma essa aveva da qualche giorno vendute ad un forestiere tutte le monete raccolte dal marito. Ogni speranza di ricuperare la moneta è per- tanto perduta. Il villano indicò, che era della grandezza d’una nostra palanca, con una testa da una parte, e dall’altra una rappresentanza; forse sarà stato un asse onciale.
« La notata rassomiglianza dei nostri sepolcreti, con quelli del Soldo e delle palafitte svizzere, sembrerebbe indicare eh’ essi siano gallo-romani. Ma non voglio entrare nel campo delle congetture. Speriamo che altri antichi avanzi si dissotter- rino in quei dintorni, e che il prof. Pellegrini, il quale ci diede una tanta accurata illustrazione dei primi seuolcreti di Povegliano, voglia compiere l’opera sì bene intrapresa, ed illustrare tutta questa importante località (“) ».
(') Op. cit. Zweiter Boricht Ziiricli 1858, p. 151 sgg. tav. III. n. 4-12, e specialmente i n. 4, 5, 8. — (■) Inn. Eegazzoni, L'vouio preistorico nelhi provincia di Como. Mil. 1878. tav. X. fig. 14. — (") P. Lioy, Le abit. ìacvstri di Fimon. Venezia 1876 (Meni. dell'Ist. Veneto toni. XIX. parte 2) tav. XX. n. 173,. 174, 179. Le stoviglie (li Fimon sono di gran lunga piu rozze delle nostre, e le fibule sono di bronzo. — ■ (') G. Gozzadini, Di un'antica necropoli a Marzahotlu. Boi. 1865. t.av. XVII. n. 3, e Di ulteriori ricerche nell’anl. necrop. di Marzaholto. Boi. 1870, tav. XVII. n. 20. — (*) Notizie, nnv. 1879, ser. .8% voi. V. ]'. 91.95. — (®) In una fossa, in ]iiossiinità del paese di Povegliano, il nominato Perbellini trovò un nut-icarpo di bue, di grandezza colossale, e di specie estinta.
Clas.se L)1 scienze morali ecc. — Memokie — Vol. VI.'
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VI. Belluno — Il giornale La Provincia di Belluno, anno XI. n. 34 annunziò, che scavandosi una fogna nel cortile della casa del sig. P. Salvadego, di fianco alle carceri criminali, il 12 aprile 1878 fu scoperto alla profondità di met. 2,50 un cippo marmoreo, alto met. 0,67, largo met. 0,40, sul quale si legge:
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Avendo il Ministero chiesto in proposito particolareggiati ragguagli all’ ispet- tore sig. Osvaldo Monti, questi confermò la scoperta, aggiungendo che il cortile della casa Salvadego, che trovasi adesso nel centro della città, era un tempo pros- simo alle mura che circondavano l’antico Cividale di Belluno; e che proseguendosi a scavare nel cortile predetto, si erano trovati tre antichi muri disposti ad angoli retti, che segnavano quadrati di stanze o cantine, sin’oltre alla profondità di quattro metri, e che nella parte settentrionale dove il terreno ascende, si videro nei muri traccie d’impalcature, che accennavano a stanze sovrapposte; ma non si rinvennero oggetti di sorta.
VII. Polpelto (comune di Ponte nell’ Alpi) — Il giornale sopra ricordato, anno XIII. n. 22, diede annuncio di nuove scoperte avvenute in questo villaggio (cfr. Notizie 1880, ser. 3“, voi. V. p. 475).
Le scoperte consistono in altre due tombe romane , tornate in luce sull’orlo della strada vicinale che mena a Polpette, a breve distanza- dalla via nazionale, nei fondi del cav. Marino Pagani, a sinistra di chi viene da Belluno. Eimaneggiando superficialmente il terreno presso la suddetta stradicciuola, si trovarono due grandi lastre di pietra di Castello, rozzamente tagliate, che formavano il fondo delle dette tombe, e pochi frammenti di ossa. Evidentemente le tombe erano anticamente sopra terra, e le altre pietre furono tolte di là nel passato , insieme colla suppellettile funebre, ed invece le due lastre più basse, perchè leggermente sepolte, rimasero colà dove oggi sono.
Con questo nuovo trovamento, sono già più di dieci le tombe che vennero alla luce nei dintorni di Polpetto, e su quella medesima via; e resterebbe provato una volta di più, che quella stradella è l’antichissima via, che da Eelluuo menava a Populetum, nel paese dei Laehacti, e nel Cadore
Vili. Venezia — Il sig. sopraintendente degl’ Archivi Veneti comm. B. Cec- Ghetti, e l’ispettore degli scavi dott. T. Luciani, fecero conoscere che tra vecchie macerie in Venezia fu rimessa in luce una lastra marmorea, alta met. 0,45 larga met. 0,32, rotta superiormente, e che presenta la maggior parte di un celebre titolo edito sulla fede di antiche trascrizioni, e reputato falso (C. /. h.V, 1. n. 136*). Il pezzo ora scoperto, che è dichiarato, genuino anche dai bellissimi caratteri imitanti le lettere a pennello dei primi tempi dell’impero, ci pone in grado di ristabilire la vera lezione della maggior parte del titolo nel modo che segue:
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E M
^SVM • EGl 'EHSJAE • CIVITATIS • MIE Tv^M-HOMIN-ClVIVM • CXVII IDEM-MISSV-QVIRINI-AD- VERSVS ITVRAEOS • IN • LIBANO • MONTE • CASTELLVM • EORVM.- CEFI • ET • ANT E MILITIEM • PRAEFECT • FABRVM • DELATVS • A ■ DVOBVS • COS • AD • AE RARIVM • ET-IN COLONIA • _
QVAESTOR • AEDIL • Tf. DVVMVIR IT • PONTIFEXS ■
IBI-POSITI-SVNT-Q:AEMILIVS-QT?-PAL SECVNDVS-F-ET ■ AEMILIA • CHI A • LIB H • M • AMPLIVS • H • N • S •
IX. Casole d’Elsa — Il r. ispettore degli scavi march. B. Cliigi, deputato al Parlamento, mandò una terza relazione sulle scoperte di antichità avvenute nel Se- nese, e propriamente nei comuni di Casole, Colie, s. Gemignano, Monteriggioni, Asciano, e s. Quirico d’Orcia (cfr. Notizie 1876, ser. 2% voi. III.p. 312; 1877, ser. 3^ voi. II. p. 131).
« In Casole d’Elsa, nella già nota località del podere di Ron dinicchio, di pro- prietà del sig. Valenti, fu aperta una tomba etrusco-romana, che fu constatato essere stata scavata nel vivo tufo. Era formata di una sola camera sepolcrale, spar- tita in quattro celle semicircolari: la curva delle due di fondo allungandosi fino al centro, formava un pilastro centrale a sostegno della volta. I sedili scavati nello stesso tufo, riempivano il fondo di ogni cella.
« Che questo sepolcro, come molti altri per lo innanzi esplorati in questa loca- lità, fosse stato precedentemente visitato e devastato, può facilmente dedursi dal di- sordine ritrovato ueirinterno di esso , e dalla poca o quasi punto roba che vi si potette raccogliere.
« Chiaramente però apparisce, che questa dovesse essere stata l’ultima dimora di molti individui, se devesi giudicarne dalla gran quantità di ossa, che -dovevano avere appartenuto a più diecine di persone.
« Oltre gii avanzi umani, poco c' ;‘u Ocvato d’importanza: una lancia di bronzo; frantumi di uno specchio dello stesso metallo; qualche chicco di vetro, e la parte davanti di una rozzissima urna, l’epigrafe della quale, certamente romana, non fu potuta leggere atteso il cattivo stato di conservazione.
« Altro sepolcro parimente etrusco, fu esplorato nel podere di Collalto, loca- lità che anche precedentemente fu ferace di scoperte. Questo era formato di una sola stanza, scavata nel gabbro, larga met. 4,80, lunga met. 6,70, ed avente nel centro un massiccio pilastro; la solidità del quale non aveva impedito, che caduta la sofiìtta, si fossero frantumati tutti gli oggetti, che sotto vi erano stati depositati.
« Vi furono trovati i frammenti di cinque piccole urne, delle quali, quattro erano di alabastro volterrano, ed una di arenaria dello stesso paese. Sopra la parete
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esterna di quest’ultima, vi era scolpita ima lotta, forse Ercole che uccide Diomede. Ercole è vestito della pelle del leone Nemeo, ed afferra con la mano sinistra la testa del caduto, che è vestito di frigio costume, mentre con la destra gl’ infiggo una lancia ael petto. xVccanto al morente, invece del frequente Caronte, sta ritto con il martello alzato un genio femminile alato. Dietro ad Ercole due cavalli seml-rano pren- dere la fuga, ed a sinistra di esso è scolpito un guerriero, die con una mano "egge due cavalli, e con l’altra impugnando un’acinace, si accinge a prendere parte alla rotta.
« Oltre queste urne, non vi furono raccolti che oggetti di poco interesse. Due piccolissimi orecchini d’oro, ed un vasetto di bronzo (aryballos). Un altro vasetto, forse balsamario, appeso a tre catenelle di b’’onzo. Una striglie, ed un cerchio di bronzo, al quale per mezzo di catenelle erano stati sospesi due strigili ed un balsamario.
« Di terra cotta niente vi fu trovato, se non che frantumi di rozzissimi e non verniciati vasi.
« È però di qualche interesse il sapere, che entro uno di questi vi fosse raccolta una quantità di grano, che sebbene carbonizzato dalla lunga dimora sotto terra, non- dimeno conserva tuttavia la farina del chicco ; il quale per il giudizio che a prima vista può farsene, sembra differire dalle varietà oggidì seminate da noi.
« Altro scavo fu pure attivato nei nossessi del sig. Xardi, presso Cavali ano nelle vicinanze di Casole ; e detto lavoro fruttò la scoperta di una tomba, di quelle dette a buca, la eguale era composta di un’enorme ziro {dolium) funzi'mance da urna ci- neraria, dentro dei quale, oltre le ossa e ceneri eranvi contenuti : un lekythos, due alabasUon, un unguentarium, ed un grandissimo stamnos dell’altezza di cent. 60. Tutta questa roba serve a dimostrare, la vasta capacità dello ziro entro il quale era contenuta.
« Parimente nelle vicinanze di Casole, alla distanza di 3 chilometri ad orieure di questo paese, in un podere denominato Melato, del sig. Martini di Firenze, venne esplorato altro sepolcro etrusco; al reperimento del quale, cosa notevole, servì di guida la stele funeraria, che rovesciata Sul posto indicava l’ingresso della tomba. Questa aveva la forma di un quadrato, di met. 3,56 per ciascun lato, e vi si acce- deva mediante un cunicolo di met. 6,50 di lunghezza.
« La camera interna conteneva tre sclieletri non combusti, giacenti sopra le panchine laterali, da una parte delle quali era stato praticato un rilievo a modo di cuscino, per il posto ove erano state adagiate le teste.
« Accanto allo scheletro del mezzo, furono trovate due buccole d’oro, aventi la forma di una mezza campanella vuota e semicurva, liscia nel mezzo, e ricoperta di finissima rena d’oro nell’estremità.
« Di bronzo vi erano solo cinque borchie, forse teste di grossi chiodi, e tre catenelle con altrettante ghiandine sospese alTestremicà di esse. Mancava qualunque vaso di terra.
« In questo comune parimente, da un contadino che lavorava la terra, fu tro- vata una statuetta di bronzo, alta cent. 15 e rappresentante una Pietà ».
X. Colle in vai d’JSlsa — « Per cura del sig. Giovacchiuo Vannini, furono continuate le ricerche state interrotte ranno antecedente nel podere di Dimetaia,
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possesso del sig. Santini; ed i Livori furono ripresi a poca distanza dalla grande tomba di sette stanze, aperta sul line dell’anno 1877.
« Quasi subito altre iiuattro tombe non tardarono di venire scoperte. La prima di queste era formata di una sola piccoìa stanza rettangolare, larga met. 1,80, e lunga met. 2,12, scavata nel compatto travertino, ed avente i soliti sedili laterali ; sopra uno dei quali a sinistra, furono trovati tutti gli oggetti die erano contenuti nella tomba, e che sono i seguenti : — Oro. Lu paio di buccole pesanti grammi tre, consistenti in cerchi d’or«t vuoti nel mezzo, di comune lavoro, ed assai danneggiate. Altra piccola buccola, fatta come fosse un cerchietto solido d’oro. — Argento. Un’anello, formato di un sottile filo di questo metallo. ~ Bronzo. Una graziosa piccala situiti, alta cent. 14, non compreso il manico, ben conservata e di bella patina. Uno specchio largo cent. 13, il quale benché mancaure del manico, è forse l’oggetto più interes- sante di quelli ritrovati in questo sepolcro ; perchè nel rimanente discretamente conservato, si vede graffito con Tuolta finitezza di lavoro e correttezza di disegno, ^ nuc> figura muliebre aiata, uon innanzi mi delfino, che forse rappresenta un genio femminile marino (Lasa). Au':ro specchio liscio e senza alcuna figura. — Terracotta. Poco vi era di rilevante: Uno slcynbo' assai ordinario, dentro il quale furono trovate le buccole d’oro. Uni. stamuos in terra ritssa non ver niciata. Un piccolo iepaste ben conservato, e di be.ua vernice nm-a. Un boMibylio.s. [In proclioos niancante di ale. ni pezzi : questo sarebbe appartenuto a quella classe di vasi etrusco-campani, a beila vernice aera e figure in basso rilievo, altri dei quali ne furono trovati in quella località. In fine due vasi di vernice nera o non fini, alti uno cent. 34 e i’altro cent. 2G, die per la forma forse po vebber.. essere detti proebous.
« La seconda tomba, 1 mga met. 2,20 e larga met. 2,00, alla quale accedevasi mediante una scala d’ sei gradini, era stata in tempi anteriori aperta e devastata, come attestavano i n .morosi frantumi di vasi, tanto fini die ordinari, e la quantità di ossa che in quella furono uruvale.
« Nella terza accanto dia ^•recedente, e scavata nella, stessa qualità di pietra, ci si scendeva per una .unga scala di 10 gradini, lunga met. 4,50, e nel fondo non eravi altro che una camera •ettang. lare, lunga met. 2,78 e larga met. 1,88, con sedili lungo le quattro pa-di delL stessa.
« Sembra che fosse intatta, ma non conteneva che una rozza e non figurata urna di travertino, con il i’elacivo coperchio, ed alcuni rozzi vasi rossi non verniciati, fra i quali tre aventi la forma elegante del lekytlios.
« Li. quarta tomba, poi, aoci.- discosta dalle precedenti e della stessa dimensione, accesso e forma, eccettuato die aveva la parete di fondo semicircolare, era stata devastata come la seconda. Fra i frantumi di vasi, fu trovato un intero teschio di bove.
« Nei podere di Casale, possesso dei cav. Smith (e questa pure è una località da noi conosciuta jer altre scopette), f.i aperta una tomba etrusco-romana scavata nel gabbro. Assai elegante era la for uà di questo sepolcro, perchè la camera cen- trale, larga met. 3,70, terminava con due celle semicircolari, divise fra di loro da un largo pilastro, sporgente fino alla metà della. prima. Molti sarebbero stati i vasi trovati in que.ito sepolcro, se il cattivo lavoro proveniente dalla bassa età, alla quale quello appartiene, non togliesse ai medesimi ogni valore.
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« Gli oggetti più importanti erano — Di terracotta non verniciata: un bel dolium alto cent. 30, di linissime pareti, ed avente un rilievo di cinque zone, che ne ren- dono elegante il contorno ; uu’amphora thyrrena ; altro dolium ; uno stamnos ; un lekytlios-, più e diversi proclious; vari balsamari di forma molto allungata; un ary- ballos, ed una quantità grandissima di ciotole, che non meritano l’onore di essere ascritte fra le patere ; una lucerna con maschera in rilievo nel di sopra, ed il nome di fabbrica Fortis nel rovescio. Verniciati di scuro v’erano: qualche prochous ; vari kylix, e certi vasetti che forse potrebbero ascriversi fra i pella. Di metallo non vi fu scoperto altro, che tre lance ed un’accetta di ferro, il tutto ossidatissimo.
« Nella località di Bisciano, appartenente al sig. Salvetti di Colle, fu aperta una tomba nella roccia alberese. Era composta di una sola camera, lunga met. 2,50 e larga met. 1,50. Sopra i sedili laterali giacevano le ossa di due cadaveri, vicino al collo di uno dei quali fu trovata una collana di pasta vetrosa policroma, formata da 28 cilindretti, quasi tutti difterenti per la varietà del disegno e dei colori. Due rozzi vasi, un prochous, ed un depas formavano la poca suppellettile di questa stanza.
« Nel podere di Verniano, proprietà Checcucci, presso alla Gabbra, fu frugata altra tomba formata di una camera, foggiata come un ferro di cavallo, alla quale accedevasi per mezzo di un corridoio lungo met. 3,00. Il sepolcro' era ùitatto, perchè conservava tuttavia occlusa la porta da grossi sassi, commessi senza cemento: ma i pochi vasi ordinari che dentro quello si trovavano, erano stati schiacciati dalla cadutii della soprastante volta. Un’amphora, uno stamnos, e pochi balsamari poterono essere salvati.
« Parimente nello stesso comune, in un podere denominato Casauuova, presso il paesetto di Campiglia, venne ritrovato altro piccolo sepolcro etrusco, scavato nel tufo e formato di una sola camera quadrata, di poco più di due metri per ciascun lato, e leggermente curva nella parete di fondo. Anche questo era stato preceden- temente visitato e completamente derubato ; e solo vi erano stati lasciati quei pochi vasi ordinari, che per il nessun valore non avevano destato la cupidigia dei sac- cheggiatori. I vasi lasciati erano un lekythos, due kylix, un’olpe, e sette di quelle rozzissime ciotole, delle quali vi è tanta profusione in quelle località. Di metallo non altro che un piccolo busto di bronzo, rappresentante un guerriero, che sembra essere stato l’aequipondium di una stadera ».
XI. S. Gemignano — « Nel comune di s. Gemignauo furono intrapresi degli scavi, nei possessi della chiesa di quel castello, che fecero ritrovare un gruppo di molte tombe, delle quali sole otto furono più o meno parzialmente scavate.
« Esse appartengono a qualche antico pago etrusco, e per l’ importanza che può avere questa località, come per il numero e la bellezza delle camere sepolcrali, malgrado che quelle finora esplorate porgano evidentemente i contrassegni di es- sere state violate antichissimamente, io credo opportuno di doverne riferire qual- che cosa; poiché la stessa spogliazione serve a dimostrare, che dovevano contenere oggetti di qualche valore : — 1. Camera sepolcrale scavata nel tufo, profonda met. 3,30, rettangolare dalla parte d’ingresso, e semicircolare nella parete di fondo. La spe- cialità di questa tomba è, di avere nel centro un lungo ed isolato sedile. Questa tomba era già stata rifrugata, e non poco ne doveva essere la ricchezza, se devesi
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dedurlo dalla quantità dell’ossa, e dai frantumi di finissimi vasi che ne tappezzavano il suolo. 2. Bella ed ampia camera quadrata, di met, 3,50 per ogni lato, con vin pilastro centrale ornato d’ imbasamento e capitello a sostegno della volta, e con due sedili laterali, in uno dei quali era stata praticata una cavità a foggia di urna. Questa pure era stata frugata, e perciò non vi furono trovati altro, che pez- zetti di vasi figurati di buono stile, frantumi di imo specchio di bronzo, alcimé borchie, ed una lunga pasta incisa appartenuta ad un anello. 3. Piccola cella semicircolare di met. 1,50, scavata nel travertino e conservante sopra il posto il cippo della stessa pietra. Vi erano delle ossa e pochi vasetti non verniciati. 4. Altra cella di simile forma, che fu constatato essere stata frugata. Vi furono scoperte varie ossa bruciate, ed i seguenti vasi di terra non verniciati ; cinque kantharos, undici patinae, un kylix e due prochous. 5. Tomba eguale alla precedente, che non fu completamente scavata, essendo gli scavatori rimasti scoraggiati dal poco risultato ottenuto con Tapertura delle prime. 6. Camera quadrata di met. 2,00 per lato. Conteneva uno scheletro posto fra due lastre di travertino, situate in modo da formare una cassa, accanto alla quale giacevano i frantumi di un grosso dolium. 7. Piccola cella, ove non fu trovato che una patera di vernice nera. 8. Grande e vasta camera sepolcrale, di forma perfettamente sferica, ed avente un diametro di met. 6,00.
« Essendo stata trovata completamente riempita di terra, penetratavi dalla sof- fitta che era caduta, non fu proceduto nello sterro, che avrebbe occasionato una spesa, la quale non sarebbe stata in proporzione con quello che speravasi.
« Si devono agli scavi recentemente praticati in questo comune, vari oggetti di bronzo , che trovati dai coloni nel lavorare la terra, furono portati durante Testate decorsa a vendere ad un incettatore di s. Geminiano. Questi oggetti proba- bilmente non costituiscono, che una parte di un totale stato disperso, allo scopo di nasconderne la provenienza.
« Gli oggetti che sono arrivato a conoscere sono : — Una collana di lironzo lunga più di un metro, e composta di dieci fuselli, formati da una spirale rigonfia nel centro e sottile all’ estremità ; gli anelli più lunghi contengono